lunedì 24 novembre 2008

minima / La paura dei giudici

Il povero giudice di Valladolid e i suoi complici di mezza Europa, compiaciuti sotto i baffi, sono più onesti di molti estetologi che la fanno lunga e difficile sulle immagini insensate ed evanescenti per «rendere visibile» l’invisibile. Smentendo infatti gli spiritualismi iconoclasti, il povero giudice spagnolo e i suoi poveri aficionados, che verso l’astratto e l’«artistico» si chinerebbero riverenti, anzi bigotti, sembrano avere una maledetta paura di una figurina scolpita che rappresenta un ebreo morto molti secoli fa, ucciso con la terribile esecuzione della croce, prevista in alcuni casi dalla pur civile legge dell’Impero romano. Temono dunque che quella riproduzione possa turbare i giovanetti del terzo millennio. Nessuno nutrirebbe i medesimi timori per l’amena
Testa di uomo di Paul Klee o per il brutto e animalesco Angelus Novus che dicono esprima velleità religiose. Quindi le immagini figurative non sono così neutre come ci raccontano da qualche tempo. Inquietano i giudici, per esempio. C’è il rischio – si legge nella sentenza – che lo studente, alzando lo sguardo sopra la cattedra, sospetti che lo Stato sia schierato con quell’uomo sanguinante. Guai a rompere l’equilibrio e dare l’aria di parteggiare per una vittima, anzi la vittima per eccellenza. La neutralità è il mito dei magistrati. Eppure, se venisse in mente a qualcuno di collocare, per ammonire, il ritratto di Anna Frank in ogni scuola europea, nessuno screanzato oserebbe proporne la rimozione. Ma nel caso del crocefisso, la vittima pare che abbia promesso anche il superamento della morte. Una simile notizia ai mortiferi magistrati, forse già morti annegati nel formalismo nichilista, risulta davvero minacciosa.