sabato 12 maggio 2012

I notturni del diavolo

~ NESSUN BUON SAMARITANO
TRA LE VITTIME DEGLI SCIOPERI ROMANI ~

La «compassione» è una faccenda cristiana, come spiega Luca (10, 25-37). Irretiti nei formalismi, nei conti, nelle spettanze, i signori del sindacato la ignorano. Quieti, flemmatici, sfumacchiando la pipa, mestieranti del lavoro altrui, senza trepidazione alcuna decidono una ennesima giornata di sciopero dei mezzi di trasporto a Roma, non riescono a inventarsi una lotta meno ottocentesca che di fatto colpisce ormai soltanto le persone fragili, coloro che non possono fare a meno di un pubblico autobus o della metropolitana. Per i più è soltanto un piccolo fastidio, si prende l’auto e ci si infila in un traffico speciale, per i vecchi che non guidano, per quelli che non possiedono neppure un motorino, anche andare a farsi una lastra, magari prenotata mesi prima, diventa un’impresa. Così i sindacalisti impongono di arricchire i tassisti con i soldi dei poveri. Ma particolarmente infame è il dispetto perpetrato la scorsa notte a quel popolo di miserabili che affolla i «notturni». Anche queste carrette degli assonnati son state sospese per sciopero, nonostante un tale sciopero oscuro non abbia eco, avvenga nel cuore della notte, quando le maggioranze dormono, e riguardi esclusivamente lavoratori stremati dalla fatica. Chissà se i sindacalisti hanno mai visto i «notturni» ai capolinea della Stazione Termini o di Piazza Venezia? Ogni tanto ci sarà pure un turista per caso, un nottambulo per piacere, uno studente che si è attardato da un amico, ma la gran massa è formata da cuochi e camerieri, suonatori ambulanti, venditori di rose cimiteriali che stringono ancora la spinosa merce avariata, e non mancano i senza casa che girano la città dormendo su un sedile tra i loro fagotti. Che ne sanno i sindacalisti della puzza diffusa in quelle vetture, delle facce assonnate dei nuovi schiavi? L’altra notte, tutti a piedi, abbandonati alle fermate sparse per la città, condannati a non poter raggiungere le loro case nelle periferie, a Ostia e nelle altre borgate distanti decine di chilometri. Molti non sapevano neppure la causa di questa punizione collettiva, né sapevano dei comici arruffoni, della destra e della sinistra, dei sindaci e dei governi tecnici, semplicemente disperati, senza le biciclette delle signore ecologiste, senza le auto dei mondani che rincasavano. Avranno invocato le maledizioni del cielo sugli scellerati che hanno rovinato loro la notte.
 
I giovani conservatori, gli attempati liberali, i militanti delle svariate politiche sociali non pensano proprio a emulare i ragazzi francesi che nel periodo tra le due guerre correvano con le automobili private a prestare soccorso alla popolazione lasciata a piedi dagli scioperanti. Nessun cavaliere a bordo dei fuoristrada, nessun novello san Martino che dia una mano ai dannati della terra. Né le parrocchie che tanto chiacchierano di immigrati si sono mai organizzate in una simile opera da Buon Samaritano. Né l’esercito, come nel dopoguerra e ancora fino agli anni Sessanta, interviene per l’emergenza con i suoi camion dove solerti soldati aiutavano i vecchi ad arrampicarsi per scalette ripide: le statistiche garantiscono che tutti son forniti di auto, chi non la possiede resti paralizzato per un giorno. Stanchissimi, seduti in terra, privati del ritorno, del sonno, delle spiegazioni sulla brutta notte, di un qualche  giornale che racconti il giorno dopo le tribolazioni di migliaia di persone lasciate dal pubblico servizio alla loro prostrazione: è lo sciopero contro i più poveri. Il silenzio lo avvolge, non si può limitare il diritto sindacale e neanche renderlo meno offensivo. Peggio per gli inermi che davvero non hanno santi in Paradiso, anzi spesso non hanno neppure il conforto cattolico.