lunedì 1 dicembre 2008

Calendario dell’Avvento 1. Rosenzweig, la veglia

Cominciamo una serie di brevi letture di introduzione al Natale. La prima casella si apre sul nome del pensatore ebreo Franz Rosenzweig (25 dicembre 1886 -10 dicembre 1929), autore di Der Stern der Erlösung, La Stella della Redenzione, 1921 (tradotto in italiano da Marietti), un singolare libro che, estraneo all’interiorità protestante, parte dalla liturgia per riflettere sull’ebraismo e sul cristianesimo.

È noto che il Natale è legato ad un punto di inversione del corso annuale del sole; l’invitto dio solare del culto di Mitra celebrava qui la sua rinascita annuale. Ma pur partendo da queste radici estranee, proprio nel popolo guida della cristianità e nei secoli più recenti la festa ha tuttavia subito una evoluzione che l’ha portata ad una certa prossimità rispetto alle feste giudaiche della redenzione. Già quell’aprirsi della casa all’irrompere della natura intatta, cui viene riconosciuto diritto di ospitalità nella camera calda, sotto la veste dell’albero tagliato d’inverno, e poi la mangiatoia di una stalla straniera, in cui viene il redentore del mondo, hanno il loro esatto corrispettivo nel cielo aperto che il tetto di frasche lascia trasparire in ricordo della tenda che concedeva riposo al popolo eterno durante la sua peregrinazione nel deserto. […] Rispetto alle domeniche il giorno di Natale si colloca come il giorno della riconciliazione rispetto ai sabati ebraici. Esso, senza cadere necessariamente di domenica, è proprio la domenica per eccellenza, e cioè, in quanto giorno natale dell’anno liturgico, è ciò che la domenica è per la settimana: nuovo inizio. Proprio come il giorno della Riconciliazione, essendo il giorno dell’ingresso nell’eternità, è nel nostro anno ciò che il sabato rappresenta nella settimana: il compimento. E perciò in entrambi questi giorni si è compiuto questo evento mirabile: la sera della vigilia è cresciuta fino ad assumere la stessa importanza del giorno festivo stesso; la sera della vigilia della festa della Riconciliazione è l’unica vigilia in cui la comunità fa mostra della veste festiva che altrimenti viene portata nel culto principale del mattino; e come grazie a questa vigilia il giorno della Riconciliazione diventa un «lungo giorno», così avviene per la festa cristiana grazie alla santa sera della vigilia e alla sua «lunga notte». Solo un giorno costituito da una notte e da un giorno fino al nuovo irrompere della notte, solo questo è un giorno intero. Infatti il giorno va dall’una all’altra mezzanotte, ma solo la prima è davvero notte, la seconda è luce. E quindi vivere un tale lungo giorno con Dio significa vivere interamente con Dio; vivere il nulla, che sta prima della vita, e la vita stessa, e la stella che sorge sopra il buio della notte al di là della vita. Tale lungo giorno il cristiano lo vive totalmente nel giorno dell’inizio, noi nel giorno della fine. Così entrambe le feste sono venute crescendo al di là del significato che avevano all’origine. […] Il Natale da festa ecclesiastica è divenuta festa di popolo, che affascina e attira perfino gli scristianizzati, anzi perfino i membri non cristiani del popolo. Quel giorno, che anticipa la fine, è così divenuto un segno dell’intima forza che il nostro popolo possiede per mantenersi nella fede; questo giorno, che rinnova l’inizio, un segno della capacità che il cristianesimo ha di espandersi all’esterno nella vita.