domenica 7 dicembre 2008

Calendario dell’Avvento 7. Bloy, la notte

Léon Bloy (1846-1917) fu scrittore francese al servizio del cattolicesimo. Criticato dai contemporanei, specialmente cattolici, per il suo integralismo – si direbbe con le formule di oggi –, ossia per la sua voglia di Paradiso nell’inferno dei boulevards parigini e per l’ansia apocalittica che talvolta diventava violenza cherubinica, lasciò dei libri che folgorarono Kafka, Benjamin e Borges. Da noi fu il toscano Domenica Giuliotti a porsi sui suoi passi. Jacques Maritain gli dovette la conversione alla Chiesa di Roma. Il pittore Jacques Rouault fu, grazie a lui, un raro espressionista cattolico tra i molti protestanti che mettevano l’anima sulla tela. Bloy scrisse romanzi e racconti, saggi di apologetica e di polemica, una Esegesi dei luoghi comuni, nella quale, in gara con il geniale stupidario flaubertiano delle «idées reçues», faceva echeggiare in tutto il loro orrore le frasi fatte dei borghesi, soprattutto sulla religione, e otto volumi di un Diario fiammeggiante. In queste pagine – scrive in una nota il curatore della traduzione italiana, Il pellegrino dell’Assoluto (Città Nuova, Roma) – Bloy «infila gli articoli respinti, gli abbozzi, i racconti, i carteggi, i commenti feroci ai fatti del giorno, il dialogo serrato con Dio. È l’unica tribuna ormai consentita alle invettive profetiche. Qui l’ostinatezza del suo essere inattuale subisce pubblicamente i colpi del tempo: la sfida è rilanciata e puntualmente smentita dalle circostanze. […] L’eremita forzato spia il cielo e i fatti della terra per cogliervi i segnali escatologici. Lo strano tradizionalista non vuole un impossibile ritorno al passato, pretende invece di vendicare il passato offeso. La redenzione si estende al di là del tempo, coinvolgendo chi è caduto sotto l’ingiustizia della morte. Scrive spaventato: “La miseria dei morti, in un secolo privo di fede, è un arcano di dolore da cui la ragione è oppressa”. I Diari vogliono testimoniare degli ultimi giorni dell’umanità, ricordando le infinite vittime schiacciate dagli automatismi moderni». Da questa edizione antologica italiana del diario, sono tratte le righe che seguono.


3 dicembre 1894
[…] La nostra vita è sempre dolorosa, anzi impossibile, e sembra un continuo miracolo. Noi non ci capiamo nulla e nessuno ci capisce nulla. Siamo dovuti passare attraverso angosce infinite. Ma siamo attaccati alla mano di Dio […].

14 dicembre
Si cerca il modo di non morire.

25 dicembre
[…] Chi può venire a trovare un uomo infelice? D’altronde sono sempre stato una persona per cui nessuno si scomoda. Anche coloro che affermano di amarmi e che fino a un certo punto me lo provano, hanno mai tentato di disturbarsi?

20 dicembre 1897
Una giovane danese luterana, che vive da noi da diciotto mesi, chiede a sua volta di diventare cattolica. Sarà la quinta abiura ottenuta a casa mia dal ’90, anno del mio matrimonio. È per questo, senza dubbio, che non muoio.

25 dicembre 1900
Natale terribile. Enorme tristezza, uno stagno di tristezza nera, in compagnia del nostro poeta [un belga ospite da molti giorni] e di sua moglie. Sensazione di una solitudine e di un abbandono sconvolgenti.

26 dicembre 1906
Stanotte c’è stata una nevicata e ho sentito sul mio vetro il dolce e terribile rumore. Ma che pena vedere la neve, filtrata dalle fessure e dai buchi, cadere nella mia povera stanza, in una specie di pioggia fine e brillante. Ecco che cosa ci affitta per molto denaro una vecchia e onorevole padrona di casa.

22 dicembre 1910
A una signora che mi ha mandato della frutta:
«Allora, avete pensato a me, mi avete voluto fare questo piacere. È proprio come se mi aveste dato il bacio più affettuoso. Provo l’imbarazzo di non potervi offrire in cambio che l’amicizia di un povero scrittore considerato in genere come una bestia feroce nel mondo affabile e cortese in cui abbiamo la fortuna di vivere. Ma sapendo bene come i giudici qualche volta si sbaglino. Nel mio particolarissimo caso, vi prego di immaginare – se riesce possibile a Saint-A. – un agnello nascosto sotto la pelle di una tigre o, se preferite, un vecchio asino dolcissimo sotto la minacciosa scorza di un rinoceronte. Vi farete così un’idea approssimativa dell’autore di tutti i miei libri…».

17 dicembre 1915
Da moltissimi anni sono il mestissimo spettatore di uno spaventoso e universale imbroglio la cui soluzione finale è al di là delle congetture umane. Che cosa c’entra la letteratura? A eccezione dei miei libri, che possono essere letti solo da qualche matto generoso, non c’è più niente. Si crepa semplicemente, senza alcuna speranza di «resurrezione», né di «purificazione». Attendo un Uomo, una Guida data da Dio, che tarda a venire […].

24 dicembre 1916
Giornata assolutamente vuota. Né lettere, né visite, e mi manca il coraggio per scrivere. […] De Groux [un pittore amico con cui ci fu poi una incomprensione] è ipnotizzato dall’idolatria della propria arte. Non è la prima volta che noto questa propensione più o meno in tutti gli artisti senza eccezione. Essendo degli esseri attorniati da fantasmi e da immagini vane, sono più incapaci degli altri dell’Assoluto. Dio appare loro inutile, e le forme esteriori della pietà, le pratiche della vita cristiana, inferiori ai loro sogni, non ottengono che disprezzo.
Il nostro arcivescovo ha proibito la messa di mezzanotte. Motivo: risparmiare sulla luce. È un mezzo sicuro per mandare i pastori ai caffé e ai ristoranti che saranno sicuramente illuminati per tutta la notte.

25 dicembre
[in una lettera] Saprete sicuramente che il nostro arcivescovo, sempre degno di sé, ha proibito la messa di mezzanotte nella sua diocesi. È una piccola sorpresa che ci ha riservato in attesa di quelle che lo aspettano e che non riesce a prevedere. I pastori di Betlemme, avvertiti dagli angeli, si precipitarono alla mangiatoia media nocte. Il nostro ce lo proibisce espressamente. Necessità patriottica di economizzare la luminaria, ha detto. Che la notte resti la notte e, se è possibile, che sia eterna […]».