venerdì 8 gennaio 2010

minima / L’esempio dei fratelli maggiori

Il giorno dopo l’Epifania, in un ‘salotto’ televisivo alquanto pop, ospiti un porporato, una principessa e giornalisti vari, si discuteva tra l’altro di liturgia e si vedevano ahimè immagini sconcertanti di riti nelle chiese italiane, con canzonette dementi e movimenti ritmati delle mani come all’asilo d’infanzia, una autentica offesa alla dignità della persona adulta. Si ascoltavano quindi alcuni dei medesimi fedeli ripetere nelle interviste argomenti da reality pezzente: espressione era la parola chiave; la talpa avanguardistica ha ben scavato lungo un secolo nella mentalità umana. Dallo studio televisivo, con molti distinguo e senso cristiano della comprensione, si cercava di salvare la liturgia informale del post-concilio, discettando di estetica musicale a proposito di nenie abbrutenti, facendone una questione di gusto, senza dire neppure una volta che qualsiasi persona civile non si metterebbe mai a fare coretti del genere, e soprattutto che la messa non è lo sfogo del cuore umano bensì il sacrificio del Dio fatto uomo. Ma a un certo punto, un ospite in collegamento da Gerusalemme ha evocato gli ebrei, il loro culto millenario. Appena una citazione, e subito veniva da riflettere che i «fratelli maggiori» continuano a pregare in ebraico e restano fedelissimi a cerimonie che hanno talvolta mille anni in più di quelle cattoliche. Nessuno pensa di ‘aggiornarle’, di renderle più armoniche al moderno. Nessuno per esempio si sognerebbe di introdurre un quadro o una statua nel tempio, capovolgendo quella cultura iconoclasta, con la scusa che la nostra epoca è ‘dominata dalle immagini’, anzi una ragione in più per tenersene lontani. Si obietterà subito che la Sinagoga non vuole far proseliti e i cattolici sì. Tutto questo trash serve allora alla Chiesa di Roma per conquistare l’anima dei moderni? Gli uomini di buona volontà, anche se corrotti dalle peggiori pacchianerie televisive, di fronte al rito sempiterno, alle parole e ai canti fuori del tempo, proveranno come minimo un senso di stupore e di rispetto, che saranno pertanto l’introibo al senso del sacro.
......................................................................................................