mercoledì 27 ottobre 2010

Il delitto pop in diretta

~ SULLO SPETTACOLO DELLA CORRUZIONE UMANA ~
Per via del pregiudizio luterano secondo il quale il senso dell’udito sarebbe più spirituale di quello della vista, e la parola cristiana da contrapporre all’immagine pagana, la radio si sente l’intellettuale di famiglia tra i media e considera la televisione la parente povera e sguaiata. Forte di questa credenza, la voce senza volto fa con molta spocchia il controcanto ai programmi televisivi. In questi giorni, ai suoi microfoni sono sfilati intellettualini particolarmente indignati perché le folle non si perdono una puntata dell’orribile delitto pugliese. Il pop è lodevole soltanto quando li diverte: la trivialità dei diamanti di Hirst va bene, quella del giallo live e arcaico no. Abituati alla scuola sovietica, vogliono ammaestrare la gente su ciò che deve prediligere. Eppure nessuno obbliga nessuno a immergersi nelle nefandezze del romanzo popolare in diretta: chi vieta loro di leggersi in alternativa Ludovico Ariosto? Gli ascoltatori più giacobini telefonano al conduttore e raccontano tutte le telecronache che hanno dovuto subire saltellando ossessivamente da un canale all’altro: neppure i poliziotti che indagano son così informati, ma non si confessa mai quello strano e sottile piacere per la narrazione trucibalda, assai affine alla letteratura di denuncia, spettatori e lettori vogliono essere turbati dallo spettacolo della umana corruzione (sulla messa in scena davanti al Palazzo di Giustizia di Milano e sugli ammanettati in aula, con la diretta quotidiana, negli anni Novanta, ci costruirono una stagione politica, perfino un partito ancora attivo). Con fare circospetto si preferisce parlare di morbo e poi corrono tutti a farsi ammorbare. Il massimo del ridicolo si ha nell’intervistare i docenti dei tanti Dams, gli specialisti nell’erudire i pargoli sull’arte di fare audience, nel catturare i cuori, i quali poi si mostrano scandalizzati dalle loro creature; più candidi di suorine sono sorpresi dalla logica dei media. Qualcuno arriva a insinuare il solito dubbio: che il responsabile sia l’onnipotente Cavaliere che mette su il pasticciaccio di zio, nipote e cugina, per distrarre le masse italiane dalla rivoluzione imminente. Parola di Radiotre. Radiorai.