giovedì 23 giugno 2011

Blowin' in the Wind

~ E I CERVELLI ELETTRONICI DI PIO XII ~

Eolo è invocatissimo in questi giorni. Auree brezze si vantano a sinistra, Radiotre trasmette Blowin’ in the Wind come fosse un inno di quel che soffia sulla penisola. Davvero la risposta alle questioni politiche del terzo millennio è nella canzone a modo suo isaiaca di Dylan?

Folle ideologicamente legate alla maggioranza e folle ideologicamente legate all’opposizione che votano compatte su strampalati quesiti, assai tecnici e incomprensibili a gran parte dell’elettorato, e per lo più con un certo entusiasmo, quasi si trattasse di tifoseria calcistica, con prevalenza nelle avanguardie, pare, di donne e giovani che vogliono districarsi nella politica energetica e nel diritto costituzionale. C’è «una convinzione quasi teologica» (De Rita) che l’acqua non debba essere sporcata da presenze di privati (pubblica era e rimane, checché ne abbiano detto i propagandisti), adesso però gli acquedotti funzioneranno peggio di prima ma i votanti appartengono magari a quelle turbe che si caricano delle casse di acqua minerale, che bevono liquidi conservati in plastica, trasportati sotto il sole nei camion e abbandonati in depositi per lunghi periodi, gente che paga profumatamente per l’acqua in scatola. Risultati bulgari, come si diceva una volta, a favore delle municipalizzate spesso mafiosette, che assetano tanti paesi così come a Roma non riescono a far muovere civilmente gli autobus. Ma non c’era stata la voga liberale? Già passata? La rosa dei venti è impazzita.

Fa paura vedere l’unanimità su certi punti. Non è lo stesso delle maggioranze estese a favore di un partito o di un leader, là è il gioco democratico della fiducia a una persona: credi nel suo sorriso e la deleghi quale tua rappresentante. Nei referendum invece si tratta di ammucchiarsi senza alcuna discriminazione su questioni delicate che pretenderebbero conoscenze specifiche e tanti distinguo.

Rileggendo Breza, un personaggio che i nostri quattro lettori hanno sentito citare molte volte, si trova qualche accenno ai pensieri ‘politici’ di papa Pio XII, che spiegano forse la direzione del vento attuale. Con un tono leggero, lo scrittore polacco riferisce delle riflessioni del coltissimo pontefice, almeno nella forma indiretta e sussurrata per i corridoi del Vaticano dei Cinquanta, quando c’era chi diceva che l’America aveva preso Cristo senza la croce e la Russia la croce senza Cristo. «Se non ci fosse il comunismo, la spina principale, il problema numero uno sarebbe l’America e l’americanizzazione spirituale del mondo. Il papa non ne parla, non la nomina mai chiaramente. Definisce la nostra epoca come l’epoca della “seconda rivoluzione tecnica”. Tale rivoluzione fa sì, questo più o meno il suo pensiero, che ormai ci appaiano vicini gli orizzonti di un’era in cui non solo la natura del mondo non avrà più segreti, ma non ne avrà più neanche quella dell’uomo, preso sia individualmente che nelle sue connessioni sociali. I gabinetti medici e le cliniche ristabiliranno l’equilibrio morale; i problemi sociali man mano si presenteranno verranno risolti in un baleno dai cervelli elettronici; non ci sarà più posto per le passioni, per gli impulsi, per l’irrazionale. […] Più piano! Più piano! Lasciate che l’uomo riprenda fiato! […] Coloro che accusano la Chiesa di tradizionalismo, prosegue Pio XII, non capiscono che oggi al mondo non c’è niente di più umano della tradizione. […] La tradizione, sempre a detta di Pio XII, non solo ha un valore terapeutico per la piaga della vita moderna, e cioè la rapida e incessante trasformazione del mondo sotto la spinta delle illimitate possibilità tecniche, ma dovrebbe anche venir applicata preventivamente dovunque il progresso non sia ancora arrivato…» (Il portone di bronzo, Feltrinelli, pp. 111-112).

Quel futuro lontanissimo è arrivato da un po’. Ai tempi delle previsioni pacelliane ci si chiedeva se avrebbe vinto il comunismo o il capitalismo, in pochi pensavano ai cervelli elettronici, troppo affamati per occuparsi della piaga del moderno, troppo devoti al progresso per ripescare la terapia della tradizione. Intanto la questione sociale è proprio scomparsa. Nessuno la agita più per i nostri connazionali. I diseredati son soltanto gli immigrati. La minoranza operaia di un tempo invece si è così assottigliata che non ha più quella forza di ricatto (il rapporto di forza) che secondo Marx permetteva una soluzione scientifica del problema; gli scioperi sono avvertiti soltanto dai più poveri che ne diventano le uniche vittime. Al massimo, i comici concedono una frase commiserevole: «siete la parte migliore del paese», detta dai comici è una battuta per far ridere, come il pietoso «si è giovani dentro» che vuole consolare scioccamente i vecchi. Il resto del Paese se la spassa con le opinioni. La sinistra e la destra si lasciano conquistare dalla sirena dei desideri, dal rispetto dei cosiddetti diritti umani, dalle mode ‘morali’, ieri libertine oggi puritane, sempre capricciose, libere scelte senza ragione, mai guidate da alcun magistero eccetto quello esercitato dagli opinionisti; giusto oggi un oncologo di fama offre responsi ‘scientifici’ sulla purezza dell’amore omosessuale. Si soffre dunque di progresso, «le illimitate possibilità tecniche» sradicano le nostre abitudini e producono disagio. Gli espiantati non hanno un partito ma opinioni che si coagulano in movimenti effimeri, nella rete, nella vita civile, stavolta addirittura nelle urne.

Tutta la predicazione sociale post-conciliare perciò appare inutile, come le chiese costruite sul modello della fabbrica, che nel frattempo è diventata un residuato. Avendo dimenticato la predicazione della salvezza - la promessa della resurrezione dei morti - e la liturgia che specchia il Cielo, i preti che vogliono restare à la page (o a quella che un tempo sembrava la novità estrema) finiscono nelle chiacchiere ‘protestanti’ sulle questioni morali ma senza alcun prestigio nel dibattito dei laici. Egemonizzati dal gruppo L’Espresso, non sanno proporre neppure in questo campo la soluzione evangelica. Si fidino allora di chi ha anticipato i tempi. La tradizione è una buona ricetta nell’èra dell’informatica. Adesso che il comunismo appartiene al passato è il momento di concentrarci sull’«americanizzazione spirituale del mondo»: la questione americana è la questione ‘protestante’.