domenica 21 giugno 2015

Scherzi temporali


~ E ANCHE GEOGRAFICI. ~  CON UNA
DIGRESSIONE SULLA LETTERATURA ~
~  «Il ‘900», III PUNTATA ~

 Diari lontani (1989-1995) per cercare il bandolo del secolo scorso. Le puntate precedenti qui e qui.
  
Nel 1929, in Germania, sulla rivista rivoluzionario-conservatrice «Die Tat»: «Se non saranno in grado di trovare un nuovo sistema statale ed economico che risponda ai caratteri del popolo tedesco, nel giro di venti o trenta anni verranno travolti da un ciclone di dimensioni inimmaginabili». Trent’anni dopo, veramente inimmaginabile, c’era il «miracolo economico» dei Cinquanta, l’ossimoro che univa la «scienza triste» al carattere del prodigio. Ma più che teutonico, aveva le forme americane, le forme imposte con glamour dai vincitori. La guerra rivoluzionaria-conservatrice era persa e così la successiva dittatura niente affatto conservatrice. I progetti e i sogni travolti da una bufera. Oggi invece torniamo spesso agli anni Cinquanta (trent’anni fa) come se ne fossimo separati soltanto da una parentesi di distrazione. Anche nelle vite delle generazioni del dopoguerra, e ormai avviate alla maturità, si avverte un tempo elastico, restringibile a piacere, perché in questo più recente trentennio manca il macigno che lo biforca nei più vecchi: il prima e dopo la mattanza.

VERTIGINI - L’eclettismo del postmoderno è un riassuntino finale del millennio. Non a caso già dal XIX secolo si è scatenata una danza di revival a chiudere la gara di originalità che contrassegnò le altre epoche. Nell’ultima manciata del XX il tempo accelera, il giro si fa più vertiginoso: ormai nessuno ha il coraggio di scommettere su un’epoca nuova. Ci si aggrappa perciò al meglio del già noto e si teme la vendetta delle cose scartate.

PREVISIONI - Cimentarsi in previsioni politiche comporta una certa fede nel fatto che i tempi porteranno alla luce la verità. Ma una fede che rinuncia alla pazienza e che per ansia anticipa i tempi è un’ombra che si posa sulle cose e le rende morte come quelle maneggiate dagli archeologi.

L’ARROGANZA DEL NAÏF - Gli uomini delle valli nordiche che son calati a Roma con una specie di partito dicono ora che sono stati ingannati dai loro furbi soci nel governo. Mai un partito al potere aveva governato l’Italia senza sapere quel che faceva, con i ministri che si lasciano spiegare il giorno dopo dai giornali il significato dei loro atti di governo. Ecco la controprova di quanto la politica sia in una fase di decadenza, già oltre il ridicolo.

HASKALAH - L’illuminismo ebraico, l’haskalah, si spinge fino a saldarsi al sionismo. Risaliva nei secoli, ben prima del Settecento; né si può negare la patente del più nobile illuminismo alle parole bibliche di critica dei sacrifici umani, dell’idolatria, della superstizione. Ma dovette essere così nascosto che l’ebraismo fu condannato, nella stagione dei Lumi, come la quintessenza dell’oscurantismo.

MODERNITÀ - Il papa si lamenta per la desacralizzazione della sua Polonia: là dove non riuscì in decenni all’ateismo di Stato venne facilissimo a cinque anni di libero mercato.

Il marxismo si è realizzato soltanto in Oriente. Dall’altra parte l’individualismo gli faceva freno, e non si ebbe neanche un esperimento concreto in tal senso.

Il cattolicesimo, che procede con senso gerarchico per cui due uomini sanno più di uno, è stato attaccato a un certo punto dall’individualismo sfrenato del luteranesimo e dei suoi derivati.

SCATOLE LUMINOSE - «Les lumières conservées pour l’imprimerie» (Diderot). La ‘scatola delle immagini’ è solo una versione moderna della «imprimerie»? È mai possibile che le immagini e, corrispettivamente, le visioni conservino i lumi dei Philosophes? Non è forse la visione senza parole a distruggere i concetti sorti a fatica, come isole, nell’oceano delle immagini? La estrema evidenza dell’immagine, piuttosto che completare il processo illuministico, non appare accecante? La luce eccessiva annulla il tempo, i suoi chiaroscuri. A occhi chiusi il tempo non passa.

COSTI - La corruzione è il prezzo della democrazia, sistema basato sul potere della gente comune, non incorruttibile, non eroica. La tremenda forza del potere viene mitigata dalla forza della mediocrità. Ma se la democrazia fa a meno degli uomini della provvidenza, è provvidenziale che talvolta vi siano delle circostanze in cui un robusto gruppo di politici rappresenti gli interessi generali. Coloro però che esaltano troppo la «missione» politica mancano della saggezza che mette sotto le luci la meschinità della umana natura.

Non solo tra la gente di lettere, anche tra borghesi che si volevano ‘illuminati’, prosperò il gusto per i paradossi, in dispetto del buonsenso, gusto che li condusse all’esercizio delle ragioni del socialismo sovietico. Trovare del buono nel nemico delle libertà occidentali e scovare le mostruosità nascoste nel nostro mondo è  un’ottima ginnastica mentale. Solo che, di capriola in capriola, il sofista rischia di cadere in ginocchio davanti al tiranno.

L’ANNO DELLE ASTRAZIONI - I ragazzi tedeschi dell’Ovest solidarizzarono con gli ex sudditi dell’Impero ottomano finiti umiliati ad arrangiarsi per le città della Germania, combatterono per gli iraniani laicizzati dallo scià, si esaltarono per il maggio parigino insubordinato come un giorno matto di primavera, per le battaglie di Ho Chi Minh nelle foreste avvelenate dagli americani, per i guerriglieri di ogni dove, ma non si mobilitarono per la liberazione domestica, per coloro con cui condividevano a Berlino la rete metropolitana, alcune strade sia pur divise dal filo spinato, lo stesso cielo, la stessa lingua e non pochi vincoli di sangue. Non provarono neppure ad aprire i cancelli del carcere dove erano rinchiusi i parenti. Un’ombra lunga su quella ribellione.

EGOISMI - Una crociata impolitica agita come emblema, assai ingenuo, delle mani pure, mondate da ogni traccia di corruzione. Pulire: verbo che può indicare una mania. Un tempo per convincere i rampolli borghesi a occuparsi del malanni del mondo si chiedeva loro di «sporcarsi le mani», di farsi carico degli altri, di occuparsi appunto di politica.

GLI EX NEMICI - Nel 1951 si era quasi arrivati alla costituzione di un esercito europeo. Predisposti accordi, norme e scenari per unificare le armate nazionali. Pochissimo tempo prima ci si era attaccati l’un l’altro in una guerra mondiale, ma soprattutto europea, con corpo a corpo assai efferati. In decenni recenti, cadute le ultime diffidenze reciproche, il progetto di unificazione militare non è più all’ordine del giorno. Risulta soltanto un esempio della mancanza di audacia nel continente in rapida decadenza, che sopravvive solo in nome degli affari e del denaro.

OSTPOLITIK - Churchill nel 1951: «I sovietici hanno forse più paura della nostra amicizia che della nostra ostilità. Il contatto degli abitanti dell’Unione Sovietica con l’Occidente significherebbe la fine di un sistema infame». L’infittirsi della rete comunicativa, dagli schermi elettrodomestici ai satelliti, hanno costretto gli ultimi padroni del Cremlino alle mosse suicide. Così vengono abbattuti  regimi odiosi ma si rafforza il potere tecnologico, l’unico padrone della terra.

Dopo la vittoria dei sovietici nel 1945 solo una ristretta minoranza culturale osò resister loro in Europa occidentale. Fu a causa del rancore provato dagli aristocratici europei nei confronti della volgarità americana? Alla nobiltà si univano i socialdemocratici tedeschi e i nostalgici socialisti nazionali. Una grossa coalizione avversa alla potenza atlantica. Allergica al cosmopolitismo che si era detto, nel periodo tra le due guerre,  ebraico-americano. Meglio rossi che occidentali.

ASCESI - Parliamo di letterati in morte di uno di loro. Dieci ore al giorno al Café de Flore. In occasione della sua scomparsa, lo stilita rumeno isolatosi al Quartiere Latino non può raccogliere grandi titoli sui nostri giornali. Misteriosa la forza che obbliga a scrivere un nichilista, a fare leggere le sue carte agli estranei, a portare il manoscritto da un editore, a leggere forse le recensioni. Debolezze umane piuttosto che una forza? Tutta la sua importanza deriva da questa presunta debolezza. Somiglianze con Pascal sottolineate da molti: ma il seicentesco era un cristiano ardente, e per amore di Gesù si può comunicare con il mondo; l’ateo luciferino che parla a fare? Morale dubbia  degli scrittori negativi: abitare il luogo salottiero delle Lettere, ma negli angoli scuri, per mettersi l’animo in pace. Se l’asceta invece di negarsi, sottoponendosi alle regole del suo monachesimo, si ribella ed esce dalla clausura, ecco l’anarchico, l’anarchico conseguente, radicalmente asociale (strozza-bambini come pretendeva di essere il nostro).

La morte ha raggiunto Emile M. Cioran. Scriveva battute dell’amarezza: non aforismi, non epigrammi, non quelle frecce logiche che i greci conficcavano nel cuore degli oppositori  politici all’agorà, non aveva avversari da battere, se non il genere umano: troppo poco. Al massimo, giaculatorie della disperazione.

All’inizio del secolo i nichilisti fecero dell’ascesi al tavolo di un bar una missione sacerdotale. Altenberg era un mite priore di tali monaci nottambuli: «Quando a tarda notte o, meglio, nelle prime ore del mattino si stava sul terrazzino sopra il tetto, si udiva regolarmente uno stacchettare di ciottoli sul selciato… probabilmente un bevitore attardato che usciva dall’ultima osteria per andare a casa. – Ora canteranno i galli, mi disse Hofmannsthal una volta che ci eravamo trattenuti a discorrere a lungo. – Questo è Peter Altenberg che rincasa» (Ricordi di Hofmannsthal scritti da Carl Jakob Burkhardt),

I due amici Beckett e Cioran, uno di fronte all’altro, uno caricatura dell’altro. Sicuramente i personaggi dell’irlandese fanno il verso alla filosofia esistenzialista, ma anche i ragionamenti di Cioran sembrano parodiare la desolazione dei beckettiani, riecheggiano le smorfie dei clochard, i loro gesti sgraziati e violenti, che assaltano, insieme all’acre puzzo umano, il lettore. Ultime scorie del pensiero alimentato dal disgusto.

Tra i monaci del Nihilismus risuona la preghiera lirica di Borchardt: «O cuore degli ordini, non farmi essere libero!», subito dopo rimata da una spiegazione oracolare: «Essere libero è niente, vorrei essere tuo» (di monito a chi fonde pericolosamente anarchia e nichilismo, gli io piccoli proprietari e ribelli; lo stesso Gottfried Benn dirà di se stesso: «egli vuole disciplina, giacché egli era il più dissoluto». Spiega Roger Caillois: «Nelle opere dello spirito i valori sono inversi: sforzo di ingegno e perseveranza è crearsi una schiavitù e non liberarsene. Si arriva al punto che qui la libertà si ritrova nell’inventare delle regole alle quali lo scrittore sceglie di obbedire.  […] Almeno in parte, i grandi artisti sono coloro che seppero immaginare a loro uso nuovi freni. […] Temo di sbagliare per eccesso di leggerezza. Perciò mi appesantisco e mi impedisco di appesantirmi a vanvera»).

Gara di eccessi di crudeltà alla scuola di de Maistre di cui Cioran fu traduttore (nessuno lo ricordava nei coccodrilli), eccessi mentali prima che verbali, come épater gli umanisti (è pur sempre un buon esercizio), speculazione sulla psicologia dei popoli, «passatempo di emigrati», parola di rumeno autoesiliato.

Ci volevano i tiranni, il sangue, le apocalissi storiche per animare le stanche serate parigine dei contemplatori da caffè, per gli ubriachi senza alcol, per i duelli metafisici degli insonni, per i monaci senza mattutino, senza libri d’ore… Da bravi letterati si allenarono a queste battaglie interiori, immaginando crimini ordinari, delitti positivisti, con piccole cause precise, e scrissero libri gialli. Alcuni, una minoranza, sulle tracce di Poe e Baudelaire, fantasticarono crimini più generali, fecero sanguinare la Storia come le fontane iraniane nel giorno di Alì, cibo dei «furiosi che vivono per metafore».

Disciplina (tonache, cocolle e camici bianchi della Clinica Loto diretta da un sifilopatologo) ed effervescenza novecentesca. I monaci europei e i guerrieri orientali di Mishima. Alle porte della Morgue, assassini e vittime in meditazione muta, ad attendere le Rivelazioni liriche, la Grazia indicibile se non in qualche verso, Benn e Celan, se l’accostamento non ripugna troppo.

Potere e denaro stanno così distanti che appaiono divinità impassibili, il cinico pare disprezzarle senza comprenderle, senza afferrarne il fascino numinoso, senza dominarle. Resta quindi un culto oscuro: denaro e potere, segni enigmatici del fato che l’anarchico deride come un jolly di corte.

La grande tecnica dei cinici: prendere le distanze dagli avvenimenti contemporanei, allontanarvisi come se fossero passati numerosi secoli, in modo da assumere quel lucido atteggiamento (almeno in apparenza) degli storici, soprattutto di quelli eruditi che si dilettano nel contemplare le umane sventure, gli imperi inghiottiti, le ascese delle città, i trionfi dei sovrani, le malizie dei corsi e ricorsi, le ingenuità degli idealisti, la forza muscolare delle genti… Chi si schiera pro o contro Alessandro, chi teme per la sorte di Costantinopoli, chi si sente ribollire di sdegno per la Guerra dei Cent’anni e chi tenta di stabilire da che parte passi la ragione in quella matassa di prerogative… Ancora un soffuso ricordo militante per gli aristocratici illuministi scannati a Napoli ma poi per secoli più riposti ci si permette l’impudico gioco di trovarvi solo l’aspetto estetico: i colpi di genio dei più efferati, la stoltezza degli sconfitti, i grandi numeri della battaglia. Senza neppure un’idea delle vittime. Ai nostri giorni le figure immorali grandeggiano solo al passato remoto – e da quella distanza eccitano i moralisti anarchici, Nietzsche in testa.

Si darà il caso che gli inattuali, usciti volontariamente dal tempo storico, si elettrizzino anche per i più canaglieschi contemporanei?

Il tempo di quattromila anni di sapere, millenni di delitti, la cappa della vecchiaia e poi i sogni sfumati, schiacciati dalla greve macchina della Morte.

«…venite, disserrate le labbra / chi parla non è morto»: versi di Benn che mette a punto una disciplina per dissoluti estremi, non ammettendo i trucchi del poeta che si finge morto. (Versi riportati in omaggio allo scomparso.)

La glorificazione della sterilità. Ceronetti in un compìto addio, scrive che i testi del suo amico, i suoi pensieri cupi,  gli procurarono la «voglia di urlare di gioia», euforia per la scoperta di affinità, per la capacità di odiare brillantemente questo mondo. Ebbri dell’Abgründgluck, espressionismo dell’ultimo secolo. L’italiano celebra Cioran come un profeta annunciante «la verità che l’uomo è un dio falso, e il più falso degli idoli».

Dalla scorza negativa venne fuori un po’ di compassione in un suo discorso sulla gloria. Saggio di virtuosismo nella più alta tradizione dell’oratoria francese, Cioran invoca a chiare lettere la pietas: amore per i propri difetti, esercizio di adulazione del prossimo. I veri moralisti del resto lo sanno, una volta persa ogni fiducia nel genere umano, si può portare salvezza ai singoli individui, consolarli, lusingarli.

MESSIANESIMO - «Gli assembramenti di persone gli sembravano una garanzia di felicità» (Kracauer). Si riferisce agli anni Venti ma potrebbe essere l’epigrafe degli anni Sessanta-Settanta.    

 L’ITALIA - «L’Italia è un paese in cui ammirare i quadri; aspetta di andarci. Là devi visitare i musei, non puoi fare altro. È un paese orribile, non riesci a trovare neanche un sigaro decente», scriveva Henry James in L’americano. «Caro signore, ho seguito i vostri consigli: sono di ritorno da Roma dove ho trascorso molto tempo. Ho provato il fascino di questo bel giardino d’antiquariato in abbandono… Una città che insegna a servire per poi dominare»: è il cinese Ling-W.Y. che parla di Roma in La tentazione dell’Occidente di André Malraux. L’occhio del viaggiatore in Italia scopre la soffusa tonalità funebre nel paese del passato, nota quello a cui noi siamo abituati e che perciò non notiamo più, è assillato dalle tante colonne spezzate che formano un paesaggio di rovine che pure a noi non riesce a immalinconire (sono le care immagini degli avi, così come le fotografie scolorite dei nonni non rattristano). L’Italia che appare impassibile per avere trionfato sui crolli dell’impero con il piacere delle sovrapposizioni, con la destrezza nel sottrarre i capitelli agli dèi pagani onde glorificare il Dio cristiano…

Per chi scrive di questo paese ogni giorno sui giornali dovrebbe essere una lettura obbligatoria, e s’intende a piccole dosi, quella degli infiniti tomi che compongono «Il viaggio in Italia», genere letterario costantemente aggiornato. Un buon effetto di straniamento. I più segreti vizi italici saltarono agli occhi di giovinetti pii e romantici che entravano nel paradiso dei loro sogni. La distanza geografica aiuta ad accostare la storia. È nota la cecità dei contemporanei di fronte agli accadimenti del loro tempo. La grazia di possedere questo sterminato archivio di sguardi estranei aiuta come minimo a scandalizzarci di meno delle vicende scellerate che puntualmente si ripetono e a non disperare. La nostra unicità non è un difetto, come pensano i gazzettieri.

I moralismi esibiti nei Novanta: un effetto di sazietà in un paese che per secoli fu affollato di affamati?

DIRITTO PUBBLICO - Quando ciascuno diventa dio di se stesso perde la saggezza di stabilire patti biblici con la divinità celeste. E patti pubblici, come quelli di Abramo, non trattative personali e magiche, come invece pretendono le pratiche gnostiche.

ART POUR L’ART? - Il romanzo – sia o no il genere cristiano per eccellenza, come voleva Bachtin – diventa surrogato, impalcatura, trama di altre finzioni.

MALI - Parafrasando Wittgenstein, possiamo dire che «quando tutti i possibili bisogni economici sono stati esauditi, i nostri problemi vitali non sono stati nemmeno toccati». E tuttavia non per questo si possono trascurare le ciclopiche battaglie per alleviare i mali sociali, anche se alcuni pensavano seriamente di sconfiggerli del tutto. Fu una pretesa ottocentesca, anche un po’ ridicola,  affermare che bastasse risolvere la questione sociale per risolvere il problema metafisico. Fu tuttavia una intuizione importante trovare in molti idoli metafisici gli effetti della fantasmagoria delle merci.

Sulla falsariga della settecentesca «impostura sacerdotale», la «sinistra» ha continuato a credere a una «impostura del potere», riducendo l’inganno ideologico a un piccolo imbroglio di manigoldi da tre soldi.

Vengono contrapposti in genere mito e logos, quasi che il primo fosse un blocco marmoreo, morta presenza, che la viva voce anima come Gesù con Lazzaro. Il mito è anch’esso parola, racconto che interpreta le immagini scolpite dagli umani.

L’ETÀ DELL’ATEISMO - In Occidente la generazione che è cresciuta nell’ateismo di massa, ormai raggiunta la maturità, imbattendosi nei numerosi casi che fuoriescono dalle medie statistiche della nuova, progressiva, longevità, comincia a fare i conti con la morte. Non basta allora l’infinita terapia psicoanalitica, non basta l’abuso del termine depressione per ricoprire la solitudine lancinante dell’anima, non sono bastate le traduzioni politico-sociali della Bibbia, né le pillole che bruciano le cellule del cervello, a ben altre droghe ricorrono in molti. Se alla miscredenza illuminista degli eletti si replicò con il romanticismo e con un Ottocento che ricostituì templi domestici e nazionali, adesso per scontare l’ateismo la folla senza religione si appiglia a grossi anestetici di massa. È così che la ‘cultura’ diventa un calmante.

(3.- continua)