sabato 15 novembre 2008

minima / I funzionari del sottosuolo

Estremismi feticisti contrapposti nel duello rusticano in corso, ai bordi di Campo Vaccino, tra chi vuole abbattere gli alberi centenari per necrofilia archeologica e chi non poterebbe neppure un ramo marcio per superstizione cloro-filiaca. Fa comunque impressione nella cultura romana di oggi lo strapotere degli archeologi che sovraintendono alla nostra vita quotidiana, non solo per i tagli degli alberi in superficie, quanto per i reiterati veti che nei decenni impedirono le linee metropolitane sottoterra, bloccando i movimenti della città, rubando negli ingorghi ore e ore del tempo assegnato ai viventi, confinando alle sole automobili il trasporto per l’urbe, crimine senza pari anzitutto verso le antichità e le belle arti. Decidono loro sul regno sotterraneo come sul terrestre, forse anche su quello celeste dello skyline, e sempre privilegiano le ragioni del mondo dei morti sull’ambiente dei vivi. Pedanti funzionari del sottosuolo, dell’underground (senza treni), vanno alla ricerca di fantasmi pagani nell’averno che calpestiamo, collezionano vanamente resti, cocci, frammenti indecifrabili della storia, si mobilitano per una villetta sepolta nelle tenebre, archiviano da travet il passato epico. Il che appare straordinariamente paradossale in una classe dominante che rifiuta per principio, e come una faccenda ridicola, ogni richiamo alla tradizione. È il complesso dei domestici che hanno ereditato casualmente dai padroni e, timorosi, non toccano niente, ma contemplano in punta di piedi il patrimonio sotto vetro che si impolvera inutilmente. Quando la tradizione era legge, i degni eredi, i papi, prelevavano le dee e le convertivano in sante o saccheggiavano i marmi imperiali per farne templi cristiani, consapevoli che il mondo era a loro disposizione. Allora Borromini sottraeva la bronzea porta all’antica Curia, la inchiavardava a San Giovanni in Laterano e tempestandola di stelle a otto punte la tramutava in un ingresso trionfale della cattedrale dell’universo.

1 commento:

Pietro Pagliardini ha detto...

Sacrosante parole. Il divario tra la gelosa custodia per ciò che sta sotto e la trascuratezza per ciò che c'è sopra è gigantesco. Io vivo in una città alquanto indifferente alla bellezza del suo centro storico e anche alla sua periferia.
Nel rifacimento della pavimentazione della piazza più importante del centro si sono scatenati tutti: architetti, comitato di turno, giornali. Il tutto per salvaguardare pietre e mattoni consunti. Pietre belle, non dico di no, ma pietre. Non pietre su cui, che so, abbia passeggiato Dante, ma pietre montate qualche decennio fa. Pietre che sarebbero state sostituite da altre pietre. Invece no, dovevano essere salvaguardate proprio quelle pietre. E il cantiere procede a stento, "monitorato" come si dice da occhi vigili di soprintendza e cittadini solerti.
Un morboso interesse filologico paradossale e grottesco in una città che contemporaneamente si sta degradando con aggiunte di edifici improbabili, con progetti per il centro storico incapaci di leggere la storia e capacissimi a stravolgerlo.
E adesso tutti a salvaguardare il mattonato.
Una situazione schizofrenica cui non riesco a spiegare altro che con la volontà di partecipare alle scelte della propria città senza però saper centrare l'obbiettivo.
Spero proprio sia questa la causa, altrimenti....
Saluti
Pietro