~ TROPPI «AMERICANI A ROMA» COME QUELLI SBEFFEGGIATI DA ALBERTO SORDI. ~ E IL «WALL STREET JOURNAL» RICORDA
LA DELUSIONE DEI TURISTI ~
Sindaci, assessori, consiglieri regionali e provinciali, il piccolo esercito arruolato dalla fantasia burocratica non ha occhi per vedere negli spazi pubblici quel che gli farebbe orrore a casa propria: se ogni ospite di una cena, per esempio, lasciasse come ringraziamento estetico una sbaffo sui muri delle stanze, subito lo sfortunato anfitrione imprecherebbe incollerito, affrettandosi a chiamare una squadra di imbianchini per coprire l’impataccamento, certo non consolandosi con la sciocchezza che adesso le pareti sono così vitalizzate dalla creatività degli invitati. E invece la città eterna è ormai tutta sfregiata dalla furia degli imbrattatori, lo spray che nelle altre capitali lorda casomai le estreme periferie e i ghetti qui si sparge sui palazzi rinascimentali e barocchi, nel cuore di Roma, magari a pochi passi dal Campidoglio, ma le giunte si susseguono senza vedere, parlando sempre d’altro, cioè di cultura, quando si tratta di scope, pulizia, nettezza urbana. In nessun’altra città al mondo, sindaci e assessori incapaci di far passare gli autobus in orario e di togliere l’immondizia dalle strade si mascherano da mecenati, dissertano in modo ridicolissimo d’arte classica e contemporanea, promuovono musei del nulla, si gloriano se un giornale straniero loda una loro inaugurazione, pensano che ci si muova dalla California o dall’Australia per vedere davanti alla tomba di Augusto un garage da telefilm anni ’50 o che ci si metta in fila per ammirare il Maxxi piuttosto dei Musei vaticani. Caudillos ciechi, son sordi anche a quel che si dice nella metropolitana e sui pullman turistici, non sanno nulla dello stupore per la deturpazione di ogni dove a opera dei graffitari, né delle risate per le imitazioni penose dell’arte made in Usa.
Ed ecco il giornale statunitense «Wall Street Journal», poco incline alle smancerie degli snob, ricordare come «un’ondata di graffiti si sia riversata sulle strade del centro storico di Roma negli ultimi anni». Le nostre gazzette, che trepidano per ogni concertino in piazza, per ogni mostra di elucubrazioni, per ogni installazione, fiera del contemporaneo e altre calamità del genere, non se ne erano accorte, anche esse non hanno occhi per vedere lo scempio, anche a esse il quotidiano newyorkese riporta il «disappunto dei turisti» che arrivano aspettandosi le meraviglie del passato e trovano invece la street art dei loro slums o le tristi costruzioni di Meier. I nostri telegiornali non ci hanno raccontato la notizia che ci rimbalza dal servizio del «WSJ»: «Negli ultimi mesi un gruppo di diplomatici americani e altri volontari hanno creato una 'brigata anti-graffiti', in missione con pennelli e vernici per strappare Roma ai graffitari». Già, ricordate il tono derisorio dei diplomatici Usa per il giovane Sordi nel film Un americano a Roma?
Sindaci, assessori, consiglieri regionali e provinciali, il piccolo esercito arruolato dalla fantasia burocratica non ha occhi per vedere negli spazi pubblici quel che gli farebbe orrore a casa propria: se ogni ospite di una cena, per esempio, lasciasse come ringraziamento estetico una sbaffo sui muri delle stanze, subito lo sfortunato anfitrione imprecherebbe incollerito, affrettandosi a chiamare una squadra di imbianchini per coprire l’impataccamento, certo non consolandosi con la sciocchezza che adesso le pareti sono così vitalizzate dalla creatività degli invitati. E invece la città eterna è ormai tutta sfregiata dalla furia degli imbrattatori, lo spray che nelle altre capitali lorda casomai le estreme periferie e i ghetti qui si sparge sui palazzi rinascimentali e barocchi, nel cuore di Roma, magari a pochi passi dal Campidoglio, ma le giunte si susseguono senza vedere, parlando sempre d’altro, cioè di cultura, quando si tratta di scope, pulizia, nettezza urbana. In nessun’altra città al mondo, sindaci e assessori incapaci di far passare gli autobus in orario e di togliere l’immondizia dalle strade si mascherano da mecenati, dissertano in modo ridicolissimo d’arte classica e contemporanea, promuovono musei del nulla, si gloriano se un giornale straniero loda una loro inaugurazione, pensano che ci si muova dalla California o dall’Australia per vedere davanti alla tomba di Augusto un garage da telefilm anni ’50 o che ci si metta in fila per ammirare il Maxxi piuttosto dei Musei vaticani. Caudillos ciechi, son sordi anche a quel che si dice nella metropolitana e sui pullman turistici, non sanno nulla dello stupore per la deturpazione di ogni dove a opera dei graffitari, né delle risate per le imitazioni penose dell’arte made in Usa.
Ed ecco il giornale statunitense «Wall Street Journal», poco incline alle smancerie degli snob, ricordare come «un’ondata di graffiti si sia riversata sulle strade del centro storico di Roma negli ultimi anni». Le nostre gazzette, che trepidano per ogni concertino in piazza, per ogni mostra di elucubrazioni, per ogni installazione, fiera del contemporaneo e altre calamità del genere, non se ne erano accorte, anche esse non hanno occhi per vedere lo scempio, anche a esse il quotidiano newyorkese riporta il «disappunto dei turisti» che arrivano aspettandosi le meraviglie del passato e trovano invece la street art dei loro slums o le tristi costruzioni di Meier. I nostri telegiornali non ci hanno raccontato la notizia che ci rimbalza dal servizio del «WSJ»: «Negli ultimi mesi un gruppo di diplomatici americani e altri volontari hanno creato una 'brigata anti-graffiti', in missione con pennelli e vernici per strappare Roma ai graffitari». Già, ricordate il tono derisorio dei diplomatici Usa per il giovane Sordi nel film Un americano a Roma?
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