~ LA VICENDA EVANGELICA DI ZACCHEO ~
Le letture della messa di oggi devono essere suonate strane agli iconoclasti tutti avvolti nello spirito. Il vangelo raccontava di Zaccheo, ricco peccatore che, tra la folla, si arrampica su un albero di sicomoro per vedere Gesù, e viene premiato (con una visita a casa sua di Gesù stesso e con la redenzione). Egli non cercava la salvezza nel profondo del cuore, bensì si rivolgeva fuori di sé, voleva vedere la figura, la forma fisica, di quel profeta di cui tutti parlavano. Per questo resta esemplare dopo duemila anni. Il domenicano che ci è capitato di ascoltare stamattina, fedele alla corrente filosofica che ha contrassegnato l’Ordine dei predicatori nei secoli, chiosava così l’episodio nell’omelia: lo stupore di fronte alle cose è – secondo Aristotele – alle origini del filosofare; la santa curiosità di Zaccheo, la sua apertura al mondo, alle immagini del mondo, è alle origini del processo di salvazione. Se poi fosse restato qualche dubbio, c’era nella medesima liturgia odierna, una lettura dal libro della Sapienza che dava un colpo definitivo a ogni forma di gnosi: «Poiché tu ami tutte le cose esistenti / e nulla disprezzi di quanto hai creato» (11,24). Altro che demiurgo, altro che creazione malata, che realtà infelice, che esistenza dannata. È la celebrazione di tutte le cose esistenti, il sì cristiano al mondo.
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