~ L’ARTE DI UN MONDO IRREDENTO ~
L’arte di oggi – non gli inganni dei ciarlatani –, quella che pur esiste e resiste, ma che si addentra per la strada a senso unico, conducendoci nei meandri dell’angoscia – immagini che si negano il volto, versi che anche mirabili nella costruzione ritmica rinunciano alla punteggiatura, alle pause che smorzano le ossessioni, musiche che rifuggono impaurite da qualsiasi accenno melodico –, l’arte dell’asperità perseguìta ormai da eremiti alquanto nobili, lontani da mondanità e mode, somiglia impressionantemente alla religione protestante. Contraria alle consolazioni facili, finisce per rigore un po’ diabolico con l’ignorare qualsiasi consolazione. L’artista come il sacerdote universale luterano deve incaponirsi ad avvelenare la dolcezza del mondo per mostrare soltanto l’aspetto tragico. Nessun cibo per i sensi, nutrimento amaro invece per l’intelletto affinché demistifichi ogni illusione, testimoni con mistica scabra della vuotaggine del reale, anche se la mistica un tempo provava a dire la contentezza traboccante per ogni alba che si ripete. Quel forzare i confini del dicibile per eccesso di amore, da parte della creatura che prova a intonare un Magnificat straripante, era la sua gloria e talvolta la sostanza del linguaggio speciale dell’arte. Oggi, festa di santa Lucia, protettrice della vista, gli artisti che si denominano ‘visivi’ dovrebbero meditare sullo sguardo cattolico posato sul mondo redento e bellissimo. Nelle tenebre di quello che era, fino alla riforma gregoriana del calendario, il giorno più oscuro dell’anno, la Chiesa celebra la santa che richiama la luce anche nel nome: nella «valle di lacrime» terrena, l’occhio deve saper vedere lo splendore.
L’arte di oggi – non gli inganni dei ciarlatani –, quella che pur esiste e resiste, ma che si addentra per la strada a senso unico, conducendoci nei meandri dell’angoscia – immagini che si negano il volto, versi che anche mirabili nella costruzione ritmica rinunciano alla punteggiatura, alle pause che smorzano le ossessioni, musiche che rifuggono impaurite da qualsiasi accenno melodico –, l’arte dell’asperità perseguìta ormai da eremiti alquanto nobili, lontani da mondanità e mode, somiglia impressionantemente alla religione protestante. Contraria alle consolazioni facili, finisce per rigore un po’ diabolico con l’ignorare qualsiasi consolazione. L’artista come il sacerdote universale luterano deve incaponirsi ad avvelenare la dolcezza del mondo per mostrare soltanto l’aspetto tragico. Nessun cibo per i sensi, nutrimento amaro invece per l’intelletto affinché demistifichi ogni illusione, testimoni con mistica scabra della vuotaggine del reale, anche se la mistica un tempo provava a dire la contentezza traboccante per ogni alba che si ripete. Quel forzare i confini del dicibile per eccesso di amore, da parte della creatura che prova a intonare un Magnificat straripante, era la sua gloria e talvolta la sostanza del linguaggio speciale dell’arte. Oggi, festa di santa Lucia, protettrice della vista, gli artisti che si denominano ‘visivi’ dovrebbero meditare sullo sguardo cattolico posato sul mondo redento e bellissimo. Nelle tenebre di quello che era, fino alla riforma gregoriana del calendario, il giorno più oscuro dell’anno, la Chiesa celebra la santa che richiama la luce anche nel nome: nella «valle di lacrime» terrena, l’occhio deve saper vedere lo splendore.
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