venerdì 15 aprile 2011

Il palindromo golpista

~ PROFESSORI SENZA SAPIENZA ~

Son così fragili gli accademici, con i loro sistemi di ideine sciolte dagli umani in carne ossa e spirito, in guisa di teatro di fantasmi, che basta una smentita dei fatti, un vento di novità che scompagina le loro carte, un contrappasso ironico della Storia perché chiamino in soccorso le autorità, le guardie, la costituzione e, quando tutto ciò è ancora insufficiente a placare le loro confusioni, quando il crudelissimo Zeitgeist infierisce, eccoli invocare con voce stridula la violenza. Di volta in volta, la guerra, la rivoluzione, il golpe, forme storiche diverse della brutalità che s’accompagnano a eterne torture, l’importante è cambiare il mondo che non si sottopone ai loro schemi. La saggezza non abita le università, forse un tempo vi dominava almeno l’erudizione, ma la prudenza, l’equilibrio e soprattutto l’esperienza mancano certamente in questa clausura di teorici; i professori non sorridono del proprio pensiero, estranei all’eleganza di Michel de Montaigne, al suo spirito di moderazione appreso a corte, al suo accento scettico di derivazione italiana.

Appena il giovane dottor Martin Luther fu messo a commentare la Bibbia nelle aule universitarie, non tornandogli i conti tra la dottrina accumulata e quel che leggeva nel libro divino, invece di reagire con umiltà di fronte a un sapere che poteva apparirgli incomprensibile, si indignò con i sapienti di quindici secoli, con l’insegnamento apostolico, con la pazienza dei cristiani e, furioso, invitò alla ribellione. Da allora, la cattedra è diventata una specie di luogo dell’anima che deve sostituire il pulpito ecclesiastico e una specie di luogo del comando che si vorrebbe militare e politico, ma senza forza, senza audacia né coraggio, contando piuttosto sugli studenti costretti ad ascoltare, seduzioni facili di giovani ancora ingenui.

Nel Novecento, un filosofo che pretendeva rovesciare il Logos bimillenario provò a cercare conforto in quello che succedeva nell’agorà, a rendere organiche le sue riflessioni al destino politico, e finì in un ridicolissimo equivoco: celebrò con voce stentorea il potere di una banda di assassini come se fosse un novello Orazio alle prese con il mito di Roma. Adesso i professori hanno poche idee originali – mestiere di massa – e nessuno li prende sul serio, ma son richiesti talvolta per impacchettare i luoghi comuni, laddove non bastano i pubblicitari, la «cultura» essendo un brand che vende bene. Succede in Francia che uno di loro, specializzato in imprese umanitarie, serva per trovare una copertura ideale ai bombardamenti coloniali sulla Libia. Altri qui da noi abbracciano il fascismo putschista in tarda età per far dispetto a chi ha mandato all’aria i loro sogni di gioventù. Ripicche un po’ bambinesche, la patetica storia del Professor Unrat sopraffatto dall’Angelo Azzurro dell’ideologia.

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