mercoledì 7 settembre 2011

Lettera senza postino

~ LO SCIOPERO NELL’EPOCA DEL WEB ~

Se un giorno fu un mezzo di riscatto, oggi lo sciopero risulta particolarmente odioso. I deboli si contavano, provavano a mostrare un po’ di forza, il contropotere di un solo giorno. Adesso è ottocentesco revival, una vacanza senza festa, una vacanza che si pagano i poveri scioperanti e che non godono, a maggior gloria dei dirigenti sul palco. Si cambiano le maschere, lo ‘sfruttato’ è anche il cittadino attento al Pil, il votante, il consumatore, il tifoso del tricolore. La dialettica hegeliana servo/padrone illude per poco, la grande prova dei titani il giorno dopo si riduce a un comunicato con delle percentuali poco credibili, ed è tutto. Ovvero, piccoli egoismi rivendicati all’interno di un cinismo generale, sbadigli di fronte alle bandiere che bloccano il traffico. Un rito stanco che non incide, nessun ministro indietreggia per una manifestazione sindacale, fa più effetto un sondaggio. Scomparsa l’aura sovversiva che fantasticava l’ingegner Georges Sorel, un «consigliere della confusione» (Lenin), lo sciopero in Italia è benedetto dalla Costituzione, azione simbolica dunque, performance costosissima per tutti e sempre uguale, ha perso ormai ogni suggestione, perfino quella della scampagnata solidale, ha perso anche i padroni delle fabbriche preoccupati per le ore sottratte alla produzione, i padroni passionali che assoldavano i crumiri, ha perso il nemico, dissolto nei managers apatici, negli amministratori delegati, mercenari che non si interessano più di tanto alle giornate sprecate. Ma oggi lo sciopero ha di fatto un altro nemico: spezza le gambe agli ultimi della terra. I vecchi che devono recarsi in ospedale, che attendono una radiografia o un intervento, che hanno davvero le ore contate: per loro una giornata buttata via è decisiva. I forzati dei mezzi pubblici di trasporto, gli immigrati d’ogni dove che corrono per le città a vendere il loro lavoro considerano lo sciopero un incomprensibile evento vòlto a immiserirli. E in notti invernali si vedono camerieri e sguatteri intontiti dalla fatica che non credono ai loro occhi: il bus che li porta nei quartieri dove abitano ai margini della metropoli, a chilometri di distanza, stavolta non passa, le forze progressiste hanno pensato bene di tagliare quella corsa, di tenere per protesta l’autista a casa o di farlo sfilare il giorno dopo in corteo. A scuola invece è la consueta baldoria, non causa vittime, ma questa inutilità dell’astensione dal lavoro provoca qualche dubbio sul senso attuale di una simile istituzione. Comunque, guerricciole tra poveri che fino a qualche anno fa – quando il telefono era una risorsa assai cara – coinvolgevano anche i solitari in attesa di una lettera o gli ansiosi in attesa di notizie. Adesso non più, liberi dagli scioperi che ritardavano la posta già tanto in ritardo, le email contraggono il tempo ed eliminano i postini. Il web dà il colpo di grazia allo sciopero, lo rende definitivamente inattuale, quel che passa nella rete aggira le burocrazie sindacali, nelle poste e nella comunicazione, nel commercio e nell’intrattenimento. Fa pensare al lavoro operaio come a un residuo arcaico e ai dirigenti del sindacato come a dei sacerdoti egizi.

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