mercoledì 19 settembre 2012

San Pio dei letterati

~ UN FIORETTO ITALICO ~

Lo si incontra nelle pagine eleganti dei diari di Giacinto Scelsi, nei libri di Cesare Garboli, nelle lettere di Cristina Campo; appare quando meno te lo aspetti perché fa parte integrante del paesaggio italico e magari da uno scorcio si intravede il frate dei miracoli come in antiche tavolette devote che le immagini mercificate non sanno riprodurre. È il «Cristo italiano» diceva per mania di eccesso il giovane Malaparte con un’abbreviazione concettuale; si sarebbe detto in modo pedestre: è la più italiana delle rappresentazioni dell’imitatio Christi. Altrettanto si disse nei secoli di Francesco d’Assisi. Leggi La stanza separata di Garboli, ti inoltri con quel fine critico tra i miti del Novecento, senti risuonare Dante, Leopardi, Collodi, e mentre «si risolleva una questione antica, perenne, circa la responsabilità e i compiti della cultura, anzi della ‘letteratura’, riproponendo il tema ‘impegno-disimpegno’», a una certa riga trovi queste parole: «’Siamo ancora a questo punto?’ pare esclamasse Padre Pio da Pietralcina rivolgendosi a uno scrittore cattolico, il quale, recatosi al Gargano per visitarlo, additava al sant’uomo una fila di cipressi lontani anneranti le brume del crepuscolo, definendoli ‘foscoliani’». Il frate proveniente da un paese tanto oscuro da essere quasi sempre scritto male, anche dai colti – Pietrelcina con due ‘e’ il nome del borgo nel beneventano –, l'amatissimo personaggio del burbero benefico diventa qui un aforistico fustigatore di gusti estetici in un fantasioso piccolo aneddoto che forse rimanda al realismo del santo meridionale. Quanto alla questione di Garboli, questa sembrava la soluzione proposta dall'autore: «Basta esprimersi, e il mondo cammina, non c’è altro modo di cambiarlo» (La stanza separata, Scheiwiller, p. 206). Buon motto per un'arciconfraternita segreta di letterati che si glorierebbe di un protettore come il santo barbuto.

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