domenica 3 agosto 2008

La verità sensuale di Tiepolo

Onde smascherare agli occhi del papa i cortigiani che avevano calunniato la sua arte somma, il pio Gian Lorenzo Bernini ideò e scolpì una giovinetta sorridente, gioconda e interamente nuda per personificare la Verità svelata dal Tempo, secondo quanto insegnavano i Greci, che la chiamavano Aletheia, con il negativo dell’alfa iniziale per catturare quello che c’è di sfuggente e nascosto, da disvelare appunto all’infinito come una cipolla. Senza alcun papa da convincere, anche Tiepolo concepì in una villa veneta una sua Verità pittorica, anzi più di una, ma – come voleva il clima illuminista dell’epoca – piuttosto che drammaticamente nuda, vezzosamente discinta. Trascorsi alcuni secoli, i cortigiani di Palazzo Chigi, trovandovi una copia dell’affresco, poi distaccato e trasportato in un palazzo di Vicenza, collocarono questa copia come immagine dell’eloquio del Primo ministro italiano, in modo che risultasse onesto e verace, sistemata dietro al suo tavolo da cui dialoga con i giornalisti. L’idea dell’allegoria era buona, la scelta di Tiepolo, l’ultimo grande della gloriosissima storia dell’arte italiana, altrettanto sagace. Ma i cortigiani, fini analisti dell’immagine pubblica del loro capo, trovarono che il dettaglio del petto, piccolo e leggiadro, offerto nudo agli spettatori dello schermo domestico, ingrandito e puntinato dalla riproduzione elettronica, risultasse troppo licenzioso o sembrasse alludere alle caratteristiche puttaniere dell’uomo; trattandosi appunto di una copia, non si lasciarono intimidire: commissionarono a un braghettone post-moderno, magari uno scenografo del mondo tv, un velo che coprisse almeno la bianca coppa del seno. Subito la televisione, con il suo alone di fissità mortifera, rese il trucco palese. Tutti si accorsero allora dell’intervento e in molti ne risero come fanno i semplici quando scoprono gli imbrogli del potere. Però quelli che semplici non sono ripeterono come un sol uomo osservazioni che la dicono lunga sullo stato dell’arte (o della sua ricezione). Proprio come sosteneva Jean Clair nelle citazioni riportate dal nostro «Almanacco» (Il vizio nel museo, 8 luglio), «le immagini sono diventate ai nostri occhi inoffensive e insignificanti» al punto che i loro presunti esegeti diventano paradossali: negano anzitutto che una simile nudità possa colpire i telespettatori, l’arte di Tiepolo insomma sarebbe meno lussuriosa di quella delle aspiranti sgambettatrici; anzi, in molti si chiedono perché mai, con tanti corpi svelati che si vedono in giro, dovevano censurare proprio Tiepolo? Si conceda almeno che è più eloquente lui che tutte le immagini correnti. Ma, come ammonisce Clair, non si afferra più il potere dell’arte e quindi neppure il suo pericolo. E infatti, «l’arte evidentemente spaventa», scrivono con rammarico i giornalisti prendendosela con i 'censori'. A loro parere, dovrebbe essere innocua, rassicurante come uno spot pubblicitario. Una agenzia arriva a formulare una frase decisamente comica: «Può uno splendido dipinto settecentesco del Tiepolo, che ritrae una giovane donna che rappresenta la Verità, “toccare la sensibilità di qualche spettatore” solo perché mostra un seno nudo?». E perché no. A che servirebbe allora lo splendore se anzitutto non atterrisse? Ma in un sondaggio online vince al 90% il parere contrario, è ovvio che i paladini della libertà artistica non sanno nulla di chi difendono generosamente. Tutti insensibili si dovrebbe essere ai corpi dipinti? Tutti sublimati dall’arte, come si giustificavano un tempo le attrici di nudo?Non pare vero che qualcuno resti turbato da un seno dipinto e lo consideri eccessivamente godurioso. Da quanto tempo non si sentiva più parlare del possibile godimento fisico prodotto dall’arte pittorica. Scriveva Guido Piovene che, essendo di Vicenza, magari era cresciuto avendo negli occhi l’immagine della Verità dipinta dall’artista veneziano: «La sensualità del Tiepolo è davvero totale, imbeve tutto ciò che appare, arriva per tutte le vie… si dissimula sotto gli involucri più diversi». Si dissimula deliziosamente anche sotto le chiacchiere degli anestesisti dell’arte.

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