minima / Presepi
Se ne sono visti molti quest’anno, nelle chiese e nelle case, presepi improntati alla migliore tradizione iconografica. Ma quello che impressionava in quasi tutte queste messe in scena della natività era la più elementare mancanza di proporzioni: si alernava magari il ‘giorno e la notte’, con luci ad alta tecnologia che rendevano in maniera teatrale le sfumature delle albe e dei crepuscoli, si ammiravano ricostruzioni filologiche di Spaccanapoli o di villaggi della Palestina, panorami veritieri degli Appennini e della Campagna romana, però qua e là si stagliavano dei giganti che colpivano a morte ogni verosimiglianza. Gli anonimi autori capovolgendo l’ordine, collocavano in primo piano i personaggi di dimensioni ridotte e, dietro, quelli più grandi, con l’effetto di tanti colossi di Rodi disseminati. Come mai anche in artigiani periti questa mancanza di interesse per la corretta collocazione delle figure nello spazio? La mimesi non conta più niente? La restituzione illusionistica della realtà non è cosa dei mastri presepiari? Le leggi della prospettiva non fanno più parte del modo di comporre un’immagine? Un secolo di dissonanze espressioniste e di ‘informale’ ha modificato la nostra percezione, quanto meno il nostro gusto? A sentire chi insegna nelle scuole d’arte, sì.
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Se ne sono visti molti quest’anno, nelle chiese e nelle case, presepi improntati alla migliore tradizione iconografica. Ma quello che impressionava in quasi tutte queste messe in scena della natività era la più elementare mancanza di proporzioni: si alernava magari il ‘giorno e la notte’, con luci ad alta tecnologia che rendevano in maniera teatrale le sfumature delle albe e dei crepuscoli, si ammiravano ricostruzioni filologiche di Spaccanapoli o di villaggi della Palestina, panorami veritieri degli Appennini e della Campagna romana, però qua e là si stagliavano dei giganti che colpivano a morte ogni verosimiglianza. Gli anonimi autori capovolgendo l’ordine, collocavano in primo piano i personaggi di dimensioni ridotte e, dietro, quelli più grandi, con l’effetto di tanti colossi di Rodi disseminati. Come mai anche in artigiani periti questa mancanza di interesse per la corretta collocazione delle figure nello spazio? La mimesi non conta più niente? La restituzione illusionistica della realtà non è cosa dei mastri presepiari? Le leggi della prospettiva non fanno più parte del modo di comporre un’immagine? Un secolo di dissonanze espressioniste e di ‘informale’ ha modificato la nostra percezione, quanto meno il nostro gusto? A sentire chi insegna nelle scuole d’arte, sì.
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2 commenti:
Provo, almanaccando un po' in modo semiserio, a rispondere ai tanti interrogativi suscitati dalla prospettiva inversa dei presepi attuali.
Forse si vuole agevolare la visione delle persone miopi o forse dare importanza alle figure più significative rendendole più grandi alla maniera primitiva o infantile. O forse si tiene conto di uno spazio dato spesso ridotto e compresso che non consente variazioni graduali, forse si usa tutto ciò che si è raccolto in tempi diversi tanto importa solo il risultato finale, forse, ancora, si conta sulla percezione di chi guarda per cui le figurine sono semplici richiami mentali ad un proprio presepe ideale, forse...
Se anche si trattasse di presepi per miopi o simbolici o mentali, sempre sarebbero il sintomo di una scarsa fede nell'immagine realista di scuola italiana.
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