~ POVERI FIRMATARI SENZA STATUS ~
Radio Tre, creatura di Gadda, ha da tempo cambiato musica: invece di parlarci di romanzi cavallereschi e di versi nobili alimentando così la nostra fantasia con l’apparecchio senza volto, invece di regalarci la sonorità di voci segrete, si occupa quotidianamente delle miserie del mondo, ci sottrae Rossini e Richard Strauss, per riempirci le orecchie di cose mediocri quanto demagogiche. Non bisogna rivolgersi agli ascoltatori colti, dicono adesso i responsabili, mettiamoci a servizio degli incolti, ed ecco fatto un surrogato noiosissimo della scuola dell’obbligo: ma perché allora tenere in piedi una terza radio pubblica? Bastano le altre, dove si rispetta, e con buoni risultati, la cultura di massa.
Alla ricerca dell’orecchio facile, ieri mattina ci tornava a parlare del cosiddetto Manifesto d’Ottobre. E veniva da pensare: gli intellettuali in questi ultimi anni hanno perso progressivamente potere e soprattutto status. Il ditino alzato non fa più impressione. Son stati sorpassati dalle starlette, dalle creature effimere della televisione e della cronaca. Finiti dunque i tempi d’oro degli appelli, anche se c’è un quotidiano che ne lancia uno al mese, ma è inflazionato e senza distinzione, le grandi firme mescolandosi agli anonimi. L’ultima riscossa per tornare a galla ha fatto loro superare antichissime idiosincrasie. Gli intellettuali, in quanto categoria, sono di sinistra, non possono che essere di sinistra (Montale o de Chirico, Cristina Campo o Arbasino non scendono in piazza, non appartengono a un sindacato), ebbene questi signori gauchistes, afflitti dal mondo che li dimentica, che parla soltanto di gente coi soldi, che chiede pareri a guru sgrammaticati, visto che la loro parte politica è sul viale del tramonto, si buttano in un salto mortale, pronti a far comunella con gli ex fascisti pur di tornare alle vecchie abitudini: lanciare proclami, organizzare manifestazioni, commuoversi a comando, discutere sulle terrazze con vibrante tono morale delle medesime bassezze che alimentano le discussioni da bar. Chiamano tutto ciò politica, ne piangono la scomparsa, ne auspicano la rinascita. Credono, come spesso è accaduto all’estrema destra, di stare nella Grecia antica. Non si chiedono mai perché la politica oggi, senza radici e senza potere di vita e di morte (la pace e la guerra), senza autorità e senza obblighi, addirittura senza confini difendibili, dovrebbe contare ancora qualcosa. Vogliono un potere da amministratori di condominio e poi pretendono che il mondo degli amministratori di condominio appaia nobile ed eroico.
Radio Tre, creatura di Gadda, ha da tempo cambiato musica: invece di parlarci di romanzi cavallereschi e di versi nobili alimentando così la nostra fantasia con l’apparecchio senza volto, invece di regalarci la sonorità di voci segrete, si occupa quotidianamente delle miserie del mondo, ci sottrae Rossini e Richard Strauss, per riempirci le orecchie di cose mediocri quanto demagogiche. Non bisogna rivolgersi agli ascoltatori colti, dicono adesso i responsabili, mettiamoci a servizio degli incolti, ed ecco fatto un surrogato noiosissimo della scuola dell’obbligo: ma perché allora tenere in piedi una terza radio pubblica? Bastano le altre, dove si rispetta, e con buoni risultati, la cultura di massa.
Alla ricerca dell’orecchio facile, ieri mattina ci tornava a parlare del cosiddetto Manifesto d’Ottobre. E veniva da pensare: gli intellettuali in questi ultimi anni hanno perso progressivamente potere e soprattutto status. Il ditino alzato non fa più impressione. Son stati sorpassati dalle starlette, dalle creature effimere della televisione e della cronaca. Finiti dunque i tempi d’oro degli appelli, anche se c’è un quotidiano che ne lancia uno al mese, ma è inflazionato e senza distinzione, le grandi firme mescolandosi agli anonimi. L’ultima riscossa per tornare a galla ha fatto loro superare antichissime idiosincrasie. Gli intellettuali, in quanto categoria, sono di sinistra, non possono che essere di sinistra (Montale o de Chirico, Cristina Campo o Arbasino non scendono in piazza, non appartengono a un sindacato), ebbene questi signori gauchistes, afflitti dal mondo che li dimentica, che parla soltanto di gente coi soldi, che chiede pareri a guru sgrammaticati, visto che la loro parte politica è sul viale del tramonto, si buttano in un salto mortale, pronti a far comunella con gli ex fascisti pur di tornare alle vecchie abitudini: lanciare proclami, organizzare manifestazioni, commuoversi a comando, discutere sulle terrazze con vibrante tono morale delle medesime bassezze che alimentano le discussioni da bar. Chiamano tutto ciò politica, ne piangono la scomparsa, ne auspicano la rinascita. Credono, come spesso è accaduto all’estrema destra, di stare nella Grecia antica. Non si chiedono mai perché la politica oggi, senza radici e senza potere di vita e di morte (la pace e la guerra), senza autorità e senza obblighi, addirittura senza confini difendibili, dovrebbe contare ancora qualcosa. Vogliono un potere da amministratori di condominio e poi pretendono che il mondo degli amministratori di condominio appaia nobile ed eroico.
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