lunedì 11 febbraio 2013

La rinuncia

~ UNA PRECE PER ROMA SENZA PAPA ~

La modernità ha colpito al cuore anche il papato, in maniera forse più violenta delle revolverate di Alì nel giorno di Fatima. Oggi, giorno di Lourdes, tutti parlano di «dimissioni papali», come per i presidenti politici (quanto a san Clemente, Ponziano, Celestino V e i rarissimi casi restanti, si trattava di ben altro). Lo stile ‘laico’ abbatte la tradizione sacra, nessuno sembra ricordare in queste ore che si sta parlando del «vicario di Cristo», del «dolce Cristo in terra», per usare le parole di Caterina da Siena. Nessuno, neppure ai vertici della Chiesa, ritiene che sia urgente invitare alla preghiera, nessuno convoca la Catholica a riunirsi orante di fronte a un passaggio eccezionalmente drammatico della sua miracolosa storia. Si disquisisce sugli aspetti terreni. Non c’è peggior cinismo – altro che quello dei papi rinascimentali – della caricatura di un pontefice che sembra andare in pensione. Si cominciò con il rinunciare al triregno e al fasto e con il mettere in discussione il primato petrino, si finisce ora con una specie di professore emerito sulle panchine dei giardini vaticani tra le ipocrite acclamazioni per il ‘nobile gesto’. C'è una tristezza diffusa davanti a un pontificato sottratto alla conclusione naturale della morte fisica, interrotto invece da appena due parole, da una dichiarazione inaspettata. Il successore di Pietro non deve essere un eroe della forza, anzi il Pietro che dà nome a quell’ufficio fuggiva tremebondo davanti alle persecuzioni (c'è grande pietà per le fobie da queste parti), ma se il fragile uomo che ha su di sé il potere di unire il cielo e la terra, se il vecchio saggio che possiede le chiavi divine per schiudere le porte del Paradiso e richiudere quelle dell’Inferno non ce la fa più e si arrende, è il momento di innalzare una preghiera.

Si apra il Messale romano e si prenda l’Oratio per l’elezione del papa: «Súpplici, Dómine, humilitáte depóscimus: ut sacrosánctae Románae Ecclésiae concédat Pontificem illum tua imménsa pìetas; qui et pio in nos stúdio semper tibi plácitus, et tuo pópulo pro salúbri regìmine sit assìdue ad glóriam tui nóminis reveréndus». Che in italiano suona: «Ti supplichiamo umilmente, o Signore, di concedere, per la tua immensa pietà, alla sacrosanta Chiesa Romana un Pontefice che a te sia accetto per santo zelo verso il gregge, e presso il tuo popolo sia degno di continua riverenza per il saggio governo a gloria del tuo nome».

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