Intercettazioni
involontarie. Camminando per una strada di Roma giunge alle spalle la voce
concitata di una coppia che litiga con la tensione accumulata nel tempo di
festa, quando il tempo di festa è gestito dai mercanti che spingono
all’ossessione dell’accaparramento di cose inutili. E le minuzie provocano
sconquassi. Lei: «io ci tengo al mio diritto a essere felice…». Lui risponde in
un romanesco frusto e cinematografico: «allora torna para para alla tua indipendenza». Così scivolò nel grottesco la
pomposa dichiarazione dei diritti proclamata al tramonto incandescente del
Settecento. Così l’Illuminismo finisce in parodia triviale. Così gli attuali
ripetitori di quelle pretese, i catechisti delle umane prerogative, tra cui
papi e concili moderni, si ritrovano a smerciare «diritti alla felicità» senza
riderci su.
Tutto il contrario di
quanto contempliamo nel presepio. Il rovesciamento delle gerarchie umane per
opera divina avviene senza forza, senza politica, senza contratti né dunque
cartigli di diritti e di doveri. Un miracolo del dono. Un gesto generoso di Dio
che è persona e non astrazione spinoziana. Un sacrificio dello splendore divino.
Una scelta dell’«umano troppo umano» nell’oscurità del popolo minoritario per
eccellenza, dei miseri, degli impolitici, degli arcaici: ebrei, pastori. Nel
cuore del mondo, nel luogo politico supremo, nell’Impero di Roma Dio si incarna
– secondo il Vangelo – ma tra gli estranei allo spirito del tempo. Nessuna
agitazione sociale, nessun chiacchiericcio dei diritti. La favola della
felicità su questa terra è estranea alla scena del presepio. Vi si intravede
invece, come molti artisti dipinsero espressamente, la croce del sacrificio. È
solo attraverso la morte di Dio che tutte le creature risplendono di una luce
che arroventa e incenerisce ogni carta delle regole, che toglie fondamento a
ogni giustizia umana, che abbacina i credenti nella legittimità del moderno. La
luce della vittima, direbbe Girard, che smentisce il dogma del pensiero unico
per cui tutte le religioni hanno uguale dignità.
1 commento:
Ogni anno mi trovo a dover scrivere o rispondere con dei biglietti di auguri in occasione del Natale. Trovo che sia uno spreco di tempo e di denaro e allora per ricordare agli amici, e non, che il Santo Natale é un'altra cosa scrivo: Auguri per un felice Santo Natale e per le Sante Feste e per un sereno nuovo anno.
Dove il sereno é una speranza di pace e che le piazze finanziarie non producano altri poveri.
Giuseppe Bonanno di L.
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