.
Rainer Maria Rilke, pur non amando Roma particolarmente, scriveva in una lettera del 1903: «Acque infinitamente piene di vita entrano per gli antichi acquedotti nella grande città e danzano nelle molte piazze su bianche tazze di pietra e si spandono in ampi bacini e scrosciano il giorno e alzano il loro scroscio la notte, che qui è grande e stellata e tenera di venti».
.
Nella città delle fontane, quella misera vaschetta costruita da Meyer accanto alla teca dell’Ara Pacis è una vera provocazione, indegna del più oscuro villaggio Usa. Dal momento che in questi giorni, nelle discussioni mediatiche seguite agli scarabocchi sull’intonaco dell’ecomostro di piazza Augusto Imperatore – con tanto di polizia scientifica che mai si mobilitò per gli scempi di facciate rinascimentali e barocche – si è capito come l’idea di demolirlo sia lontana e troppo costosa, proviamo ad avanzare alle autorità cittadine questa modesta proposta: blocchino il flusso idrico in quella penosa fontanella, cancellino gli zampilletti mosci buoni per il pediluvio en plein air di turisti accaldati, trasformino quel quadrato marmorizzato in un chiosco per informazioni o in un parcheggio di motorini ma, anche per rispetto del Valadier di fronte, non lo accreditino più come architettura delle acque. Sarebbe una demolizione che eliminerebbe una bruttura strepitosa, e senza richiedere un euro.
Nella città delle fontane, quella misera vaschetta costruita da Meyer accanto alla teca dell’Ara Pacis è una vera provocazione, indegna del più oscuro villaggio Usa. Dal momento che in questi giorni, nelle discussioni mediatiche seguite agli scarabocchi sull’intonaco dell’ecomostro di piazza Augusto Imperatore – con tanto di polizia scientifica che mai si mobilitò per gli scempi di facciate rinascimentali e barocche – si è capito come l’idea di demolirlo sia lontana e troppo costosa, proviamo ad avanzare alle autorità cittadine questa modesta proposta: blocchino il flusso idrico in quella penosa fontanella, cancellino gli zampilletti mosci buoni per il pediluvio en plein air di turisti accaldati, trasformino quel quadrato marmorizzato in un chiosco per informazioni o in un parcheggio di motorini ma, anche per rispetto del Valadier di fronte, non lo accreditino più come architettura delle acque. Sarebbe una demolizione che eliminerebbe una bruttura strepitosa, e senza richiedere un euro.
Nessun commento:
Posta un commento