mercoledì 21 ottobre 2009

minima / Quelle finestre su un’altra vita
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Sconfitto dal corso della storia, battuto dalle armi nemiche, il protagonista del romanzo di Roger Nimier, Les Épées (1948), raccontava di una sua evasione: «Mi sono visto di colpo nel grande museo deserto, davanti all’Angelo triste di Filippino Lippi. Il ragazzino senza età, coi capelli che gli cadono sul capo, la fronte sciupata, l’aria d’aver sprecato tutto dall’inizio, la sua grande fedeltà alla sventura, la nobiltà degli angeli vinti, tanti segni che mi hanno preso alla gola. Mi è sembrato di non poter vivere senza quelle amicizie segrete, e gli sguardi che ti aspettano dietro quelle finestre che si chiamano quadri – finestre su un’altra vita dove l’aria stessa è colorata, dove i bambini diventano di colpo angeli di Botticelli, con le narici frementi, le labbra cariche di un bacio che non scocca mai… Unico mondo carnale, mondo della nobiltà – e del dolore che non grida – mondo in cui io respiro». Per contenere il dolore che si fa fisico, che «prende alla gola», strozza le viscere, paralizza le gambe, c’è bisogno di un mondo carnale nell’arte; le astrazioni, gli estetismi essendo un prurito snervante intorno alla piaga.
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Per sopportare il dolore dell’esistenza c’è bisogno della luce dell’altra vita intravista da
quelle finestre. Altrettanto fisica. Giorni fa, su un supplemento letterario, Gianfranco Ravasi – càpita all’«Almanacco» di citarlo in due scrittarelli consecutivi – commentava la cosiddetta «Terza lettera ai Corinzi» e aggiungeva una preziosa sentenza di Verlaine che faceva poi risplendere di sostanza teologica. Ne riportiamo un passo.
«… Sulla scia della dottrina dell’incarnazione (‘il Logos divenne sarx, carne’ secondo Giovanni 1,14), per il cristianesimo potremmo ripetere – naturalmente con le varianti interpretative del caso – la celebre proclamazione di Verlaine in Jadis et naguère (Allora e ora): La chair est sainte! Il faut qu’on la vénère. La carne è santificata dall’incarnazione di Cristo, dev’essere venerata e ha come destino non la dissoluzione ma la redenzione in una creazione nuova».
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Due scrittori maledetti, Nimier e Verlaine, riecheggiano le promesse cattoliche.

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