~ MINIMA, VERAMENTE MINIMA SUI FATTI DEL GIORNO ~
I poveri corrispondenti delle gazzette straniere restano sbalorditi, scandalizzati e in fondo contenti nel paese di Machiavelli: come i viaggiatori di un tempo sospettano molto e di tutti, concludendo spesso che si tratta di un covo di scellerati in cui è meglio essere di passaggio. A loro uso e consumo si riepiloga allora un’immagine che sa di déja vu – meridione spagnoleggiante, barocchismo camorrista, dissimulazione disonestissima –, ma che annichilisce le analisi interminabili dei nostri giornali, sempre smentite a ogni nuova elezione.
Fin da subito, sulla rete e nei telefoni ormai senza fili dilagava l'altro giorno il timore e tremore di cortigiani e cortigiane per l’arrivo dei nuovi boss che avrebbero deciso del denaro pubblico da distribuire a mostre e fiere, a musei capricciosi e a imprese impalpabili quanto costose. Se ne è fatto speciale interprete un giornale online che può vantare cinquantamila lettori al dì, «Exibart», il quale sotto il titolo preoccupato «E adesso cosa succederà all’arte e alla cultura?» si interroga a proposito di un museo napoletano: «continuerà ad avere il ruolo e i finanziamenti che ha avuto in quanto fiore all’occhiello di un principe che non c’è più?». Il Principe in questione sarebbe il simpatico Governatore uscente che nell’ultima riunione della sua giunta ha destinato venti milioni di euri al museo in questione (quello, per capirci, che si diverte con la parodia della crocifissione, ovvero con il luogo comune delle parodie da millenni: che altro facevano coloro che nel pretorio incoronavano di spine la vittima, buttandole pure addosso uno straccio rosso a mo’ di mantello, per appellarla poi ‘Re dei Giudei’?). Ben più impudico che qualsiasi altro interprete della body art il Governatore, autentico performer che supera i suoi circenses a libro paga.
Venti milioni di euri, un contributo pubblico da record, onde permettersi gli spassi annuali di un museo contemporaneo. Una cifra unica al mondo per il futile blasfemo nella città ricoperta di monnezza. Venti milioni di euri per sovvenzionare l’estetismo kitsch nel regno dell’emergenza continua, in un posto che «è teatro stabile di scippi, furti, rapine, evasione scolastica», come recita con autoironia, o autocompiacimento, una voce di Wikipedia. Che l’Elargitore non incontri più un Masaniello che voglia impiccarlo, neppure a parole (nessun pernacchio mediatico dei giornalisti proni), che anzi possa trovare chi lo rimpiange come patron di presunte arti è segno di un cinismo raro, che spiega bene le altre meravigliose anormalità del Belpaese. E la resa dei conti a ciascuna tornata elettorale.
I poveri corrispondenti delle gazzette straniere restano sbalorditi, scandalizzati e in fondo contenti nel paese di Machiavelli: come i viaggiatori di un tempo sospettano molto e di tutti, concludendo spesso che si tratta di un covo di scellerati in cui è meglio essere di passaggio. A loro uso e consumo si riepiloga allora un’immagine che sa di déja vu – meridione spagnoleggiante, barocchismo camorrista, dissimulazione disonestissima –, ma che annichilisce le analisi interminabili dei nostri giornali, sempre smentite a ogni nuova elezione.
Fin da subito, sulla rete e nei telefoni ormai senza fili dilagava l'altro giorno il timore e tremore di cortigiani e cortigiane per l’arrivo dei nuovi boss che avrebbero deciso del denaro pubblico da distribuire a mostre e fiere, a musei capricciosi e a imprese impalpabili quanto costose. Se ne è fatto speciale interprete un giornale online che può vantare cinquantamila lettori al dì, «Exibart», il quale sotto il titolo preoccupato «E adesso cosa succederà all’arte e alla cultura?» si interroga a proposito di un museo napoletano: «continuerà ad avere il ruolo e i finanziamenti che ha avuto in quanto fiore all’occhiello di un principe che non c’è più?». Il Principe in questione sarebbe il simpatico Governatore uscente che nell’ultima riunione della sua giunta ha destinato venti milioni di euri al museo in questione (quello, per capirci, che si diverte con la parodia della crocifissione, ovvero con il luogo comune delle parodie da millenni: che altro facevano coloro che nel pretorio incoronavano di spine la vittima, buttandole pure addosso uno straccio rosso a mo’ di mantello, per appellarla poi ‘Re dei Giudei’?). Ben più impudico che qualsiasi altro interprete della body art il Governatore, autentico performer che supera i suoi circenses a libro paga.
Venti milioni di euri, un contributo pubblico da record, onde permettersi gli spassi annuali di un museo contemporaneo. Una cifra unica al mondo per il futile blasfemo nella città ricoperta di monnezza. Venti milioni di euri per sovvenzionare l’estetismo kitsch nel regno dell’emergenza continua, in un posto che «è teatro stabile di scippi, furti, rapine, evasione scolastica», come recita con autoironia, o autocompiacimento, una voce di Wikipedia. Che l’Elargitore non incontri più un Masaniello che voglia impiccarlo, neppure a parole (nessun pernacchio mediatico dei giornalisti proni), che anzi possa trovare chi lo rimpiange come patron di presunte arti è segno di un cinismo raro, che spiega bene le altre meravigliose anormalità del Belpaese. E la resa dei conti a ciascuna tornata elettorale.
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