domenica 6 novembre 2011

Il tempo delle fogne

~ DEI DOVERI DI UN SINDACO ~

I più candidi, davanti alle immagini televisive di inondazioni e morte, fantasticano di un mondo beato in cui i diluvi e i terremoti, la siccità e la grandine, possano essere previsti e risolti dall’uomo. Hanno dimenticato le invocazioni dei nostri vecchi, le Rogazioni, a Dio naturalmente («rogamus te, Domine»), che comprendevano processioni propiziatorie, penitenze e preghiere: «a fulgure et tempestate, libera nos, Domine». Ancor più candidi, anzi decisamente stolti quelli che credono addirittura che nell’uomo sia la causa di tali flagelli, e non per via dei peccati commessi contro il Cielo bensì per quei gas che produciamo noi, creature assai indaffarate sulla Terra. La modernità ha tante colpe ma forse non è riuscita a cambiare il clima, quello muta per imperscrutabili ragioni tanto è vero che, appunto, nelle antichissime Rogazioni già si pregava contro le inondazioni e calamità varie che minacciavano di frequente il Belpaese, anche prima degli eccessi antropici. E prima ancora di essere ‘cristianizzati’, simili riti venivano praticati dai contadini pagani, convinti fin da allora che fosse meglio confidare nella protezione divina che in quella civile. Il fatto poi che le Rogazioni si siano diffuse maggiormente nell’Italia del Nord mostra come le alluvioni fossero più frequenti in quei luoghi, allora come adesso, allora lette come segni dell’Apocalisse imminente e oggi, dimentichi, come sintomi del Global Warming.

Ma se le burrasche non sono sempre domabili, le colpe dei pubblici amministratori non vanno per questo perdonate. Scandalizza alquanto, anzi, che si spendano i quattrini dell’erario in spettacoli e cultura ludica piuttosto di investire nella manutenzione delle fogne. A Roma due settimane fa i tombini ostruiti vomitavano acqua ma il sindaco andava sperperando il denaro in cassa per una inutile festicciola del cinema, per il rito burino del tappeto rosso nell’Auditorium senza glamour. Oggi, in altre città, i sindaci che si improvvisano mecenati delle arti effimere vedono i cadaveri dei loro concittadini trascinati dalla mota. Ben vengano allora i 'tagli alla cultura', come questo «Almanacco» ripete da tempo, che si colga l’occasione della congiuntura grama per ripensare certe imprese. L’amministratore è richiamato al suo mestiere prosaico, lo si ricordava in un pezzo dello scorso anno («Kraus e la moltiplicazione dei musei romani»), dove evocando le invettive del feroce viennese, si argomentava: «gli assessori che dovrebbero occuparsi di vetture pubbliche e di traffico, di illuminazione e di spazzatura, fanno, diciamo così, gli esteti con il loro gusto impiegatizio...». Nel fango affondano adesso i sogni del sindaco estetizzante, nel fango il culturame degli assessori.

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